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a cura di Saturno Carnoli, Foto di Enzo PezziAttrezzi alla mano
Il volume nasce con l’intento di inventariare gli utensili (agl’erom, le "armi", in romagnolo) per lavorare il legno presenti nelle botteghe artigiane fino a metà del secolo scorso quando inizia il declino dei mestieri artigiani di fronte al pressante incedere della cultura di massa favorevole all’uso delle macchine industriali a discapito dell’antica arte.
“Con questo volume - spiega Carnoli - ho cercato di ricostruire l’elenco degli strumenti dell’arte di lavorazione del legno che ebbe la sua più ampia affermazione durante il Rinascimento e che rappresenta, per l’Italia, una ricchezza intramontabile. Il ‘saper fare’ manuale, la produzione del ‘bello’ sono assolutamente italiani: pensiamo a quanto sia diffuso ed apprezzato il made in Italy nell’enogastronomia, nell’arredamento e nell’abbigliamento che continuano a riscuotere successo anche in tempi di crisi”.
Il volume Attrezzi al mano ripercorre la storia del legno, la più antica attività dell’uomo che da sempre ne accompagna la vita: dal suo utilizzo per costruire case, strumenti di difesa o scaldarsi fino ad arrivare alla civiltà contemporanea che registra il massiccio uso del legno nell’edilizia. Contiene, inoltre, una raccolta dettagliata di schede tecniche di ogni singolo attrezzo di cui viene spiegato l’uso, come veniva prodotto, e come veniva chiamato in dialetto romagnolo.
Carnoli s’è documentato al Museo etnografico di Savarna, al Museo della vita contadina di San Pancrazio, con falegnami in pensione ed ancora in attività e collezionisti dando vita ad un volume sul legno che per anni è stato l’equivalente della materia (in spagnolo è ‘madera’ e si tratta di un sostantivo che origina dall’etimo mater come in latino veniva chiamato il tronco dell’albero, mentre lignum significava in origine legna da ardere, giustificato dall’etimo ‘legere’ ossia scegliere).
“Al lavoro alienato e ripetitivo delle fabbriche - spiega Carnoli - si contrappone quello degli artigiani non solo falegnami, che controllano tutto il ciclo produttivo creando ogni volta qualcosa di unico. Dal Medioevo fino ai giorni nostri si produceva per il consumo immediato e i prodotti venivano apprezzati attraverso il consumo: una produzione che prediligeva, quindi, il valore d’uso mentre nella manifattura industriale si produce per la vendita ed è prevalente il valore di scambio. Basterebbe rivendicare, per il nostro paese- conclude Carnoli- un ruolo più esclusivo riscoprendo assieme agli antichi mestieri le qualità che li animavano e rieducare i giovani alla passione per la qualità e la bellezza”.
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